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mercoledì 30 marzo 2011

I classici di Hollywood all'Oberdan

Commedia all'americana, grandi divi e grandi dive. E' il menù di questa settimana dello Spazio Oberdan. Quindici film tra cui capolavori di Lubitsch, Wilder e Capra nella rassegna "Commedia Americana", in programma da mercoledì 30 marzo a domenica 1 maggio. L'apertura è affidata a Ernst Lubitsch con Scrivimi fermo posta (1940). Da non perdere Ninotchka (1939), una chicca con l'immensa Greta Garbo e Mancia competente. Imperdibili i capolavori di Billy Wilder, a partire da L'appartamento (1960) con Jack Lemmon e Shirley MacLaine, storia di un impiegatuccio che per scalare posizioni all'interno dell'azienda presta la casa ai superiori per i loro incontri con le amanti. Sabato 23 aprile c'è invece Kiss me Stupid con una magnifica Kim Novak. Spazio anche a Frank Capra, con il celeberrimo Accadde una notte. Si chiude con Lady Eva di Preston Sturges. Un'altra occasione per dire: "Eh sì, di questi film non ne fanno più".

martedì 29 marzo 2011

Non solo Kurosawa, tutti i nomi del cinema giapponese


Sono capaci di ricostruire un’autostrada in sei giorni. Si sono rialzati dopo bombe nucleari e catastrofi naturali. Figurarsi se i giapponesi non sono capaci di girare un film. Il cinema giapponese è il tema dell’incontro di giovedì 31 marzo al Museo d’arte e scienza di via Quintino Sella 4. Alle ore 18,30 (info@museoartescienza.com, 02.272022488) Giampiero Raganelli guida un dibattito dal titolo: “Non solo Kurosawa, il cinema nella tradizione del Sol Levante”. Si tratta di un evento inserito nel ciclo di conferenze Frammenti di Giappone cominciato lo scorso 10 marzo con la collaborazione tra l’Associazione culturale Giappone in Italia e l’Associazione amici del Museo d’arte e scienza.
E in effetti non c’è solo il grande Akira Kurosawa nell’olimpo dei grandi registi giapponesi. L’autore di Rashomon, I sette samurai, Rapsodia d’Agosto e tanti altri capolavori non è l’unico maestro del cinema con gli occhi a mandorla. Basti ricordare il grande Yashiro Ozu (Il gusto del saké), Kon Ichikawa (L’arpa birmana) o il sottovalutato Kobayashi, autore di veri e propri gioielli come Ghost Stories e soprattutto Harakiri. Passando per Takeshi Kitano (Boiling Point) e Nagesi Oshima (L’impero dei sensi), gli autori giapponesi più conosciuti in occidente sono quelli di genere: Hideo Nakata (Ring) e Shunya Tsukamoto (Tetsuo) su tutti. Ma oltre all’horror e al cyberpunk dal Giappone arriva anche il grande film d’animazione di Hayao Miyazaki e i pastiches ultracitazionisti di Takeshi Miike. E ancora tanto altro. Portatevi un quadernetto per appuntarvi nomi e titoli.

lunedì 28 marzo 2011

17 marzo 1861. L'Unità al cinema


Fratelli d’Italia, il cinema s’è desto. Sono passate più o meno sottotraccia le celebrazioni per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, tema sul quale siamo riusciti nell’impresa di dividerci, tra spinte separatiste e tassazioni federaliste. Al cinema Gnomo va in scena da martedì 29 marzo a domenica 3 aprile un piccolo rigurgito di festeggiamenti, con la rassegna: “17 marzo 1861: l’Unità della nazione sul grande schermo”. La rassegna, curata da Milano Cinema, presenta un ciclo di film su tre periodi storici che spaziano dalla Rivoluzione francese e dalla dominazione napoleonica, lungo il Risorgimento e fino al periodo immediatamente successivo all’Unità d’Italia. Cosa particolare, si parte con un film straniero, I duellanti (1977) di Ridley Scott, martedì 29 marzo alle 18,30, basato sul racconto The Duel di Joseph Conrad e ambientato nel periodo delle guerre napoleoniche. Il primo giorno di proiezione prosegue con La Tosca (1970) di Luigi Magni. Mercoledì 30 vengono proiettati L’ussaro sul tetto (1995) di Jean-Paul Rappeneur e Allonsanfans (1974) dei fratelli Taviani, ambientato durante la dominazione austriaca.
Giovedì 31 è la volta di 1860. I mille di Garibaldi di Alessandro Blasetti, girato nel 1934, in piena esaltazione imperialistica del fascismo. Venerdì 1 aprile tornano in scena i Taviani con San Michele aveva un gallo (1972), ambientato nel 1870 e storia di un anarchico internazionalista. Sempre venerdì c’è in cartellone il recentissimo Noi credevamo di Mario Martone, che racconta attraverso le storie di tre giovani le vicende italiane tra il 1830 e il 1860. Pietro Germi e Alfredo Giannetti occupano il programma di sabato 2 aprile, rispettivamente con Il brigante di tacca del lupo (1952) e Correva l’anno di grazia 1870 (1972).
Domenica 3 aprile si conclude in bellezza con Ettore Scola e Mario Monicelli. Alle 18,30 c’è Passione d’amore (1981) di Scola, tratto dal romanzo Fosca di Irginio Tarchetti. Alle 21 spazio a I compagni (1963) di Monicelli, storia dei primi scioperi degli operai dopo un incidente in una fabbrica tessile.
Per sentirsi un po’ più uniti, l’ingresso è gratuito per tutte le proiezioni fino a esaurimento posti.

venerdì 25 marzo 2011

Sucker Punch, il 300 al femminile

Un istituto di igiene mentale, un bordello e un castello difeso da un drago. Non stiamo parlando di Qualcuno volò sul nido del cuculo o di Moulin Rouge. E nemmeno de Il signore degli anelli. Il film in questione è uno solo e si chiama Sucker Punch, ultima coatta fatica di Zack Snyder, il regista di 300 e Watchmen, che sono diventanti dei veri e propri cult nel giro di pochi anni. 
La storia è quella di Baby Doll, una ragazzina che viene rinchiusa in un istituto di igiene mentale. Entro cinque giorni verrà lobotomizzata. Baby si rifugia in una realtà alternativa, un bordello dal quale progetta di fuggire insieme ad altre quattro ragazze. Per riuscirci usa la danza, e mentre balla si immagina eroina armata fino ai denti immersa in un mondo fantasy. Baby Doll ha le fattezze della platinata Emily Browning, eroina ideale di un'avventura immaginistica.
Ritmi psichedelici, musica invasiva, estetica a metà tra videogame e fumetto. Sucker Punch è un colossale e rumoroso prodotto di entertainment, che non rimane ma non annoia. Zack Snyder mescola a grandi dosi il testosterone e le scene di guerra di 300 con lo stile accurato di Watchmen, declinando il tutto al femminile. Snyder mette in più tutta la sua qualità registica, anche se l'eleganza stilistica di Watchmen viene qui dissimulata dal gusto citazionistico, dalla saga dell'anello a Matrix. Il risultato è un epic/fantasy shakerato che riesce nel suo obiettivo: intrattenere. Rumorosamente.

Festival del cinema africano: Storie e immagini dalla Tunisia e paesi in rivolta


Il regista tunisino Nouri Bouzid
“La rivoluzione non deve essere politica. Deve essere prima di tutto culturale”. A dirlo Nouri Bouzid, il decano del cinema tunisino, presente a Milano per il Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina. E il festival non è solo film, ma anche uno spazio per conoscere, confrontarsi, discutere. In particolare modo parlare della situazione di quei paesi in rivolta che stanno infiammando il Maghreb e più in generale il Medio Oriente.
Giovedì 24 marzo alle ore 17 si è svolto allo Spazio Oberdan l’incontro: “Tunisia e le altre. Storie in parole e immagini dai paesi del Mediterraneo in rivolta”. Quello che emerge è un quadro ancora incerto, nebuloso, molto più di quello che appare dai nostri mezzi di informazione che tendono a semplificare e dimenticarsi velocemente degli eventi. In questi giorni di bombe sulla Libia, di Tunisia ed Egitto non ne parla più nessuno. Come se il giorno dopo che Ben Ali e Mubarak sono stati costretti a lasciare il potere la situazione sia chiara o stabile. Ma la realtà è molto diversa, come spiega Nouri Bouzid: “La situazione è molto difficile. C’è una gran fretta di arrivare alla democrazia, ma secondo me la rivoluzione ha avuto un’eiaculazione precoce. Si sono formati tutti questi partiti microscopici che non rappresentano nessuno. E poi si parla di politica, mai di cultura. Ho molta paura che la creatura frutto di una magnifica rivoluzione apolitica muoia prima di nascere”. Più o meno la stessa paura che ha Ahmad Abdalla, regista egiziano autore dell’acclamato Microphone.
C’è anche un rappresentante del cinema algerino, Hicham Elladdaqi, che spiega perché nel suo paese non esploda la rivolta: “Ogni nazione ha una sua storia, non è che se una cosa succede in Egitto o in Tunisia debba per forza accadere anche in Algeria. Anche da noi c’è stata una rivolta. Ed è stata molo violenta, ma negli anni Novanta ancora non c’era Facebook”. In generale, è forte il richiamo al ruolo che il cinema e l’arte in genere deve avere nel processo di costruzione di una nuova società: “Noi registi dobbiamo renderci conto che abbiamo un dovere”, spiega Nouri Bouzid, “non dobbiamo scappare ma raccontare e avere il coraggio di dire se qualcosa non va come dovrebbe. Il cinema africano non può essere solo un esercizio di stile, deve essere qualcosa di più”.

Silvio forever, autobiografia non autorizzata di B.


Silvio forever è un documentario che vive di paradossi, a cominciare dal sottotitolo Autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi. E’ lui in persona a raccontare se stesso, dalla nascita fino ai tempi recentissimi del Rubygate. Si tratta però di una simulazione, andata presto incontro a censure da parte della RAI che si è rifiutata di trasmetterne il trailer con l’accusa poco credibile di offesa alla memoria della madre del premier.
La falsa autobiografia è un’operazione curiosa, ma anche una scappatoia. Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo che l’hanno ideata si confermano abili nel ricercare, selezionare e mettere assieme una gran quantità di materiale, come già dimostrato ne “La casta”, l’ormai celebre libro-inchiesta sui privilegi della classe politica. Tuttavia peccano stavolta di un certo cerchiobottismo, termine tanto in voga e tanto brutto quanto efficace per esprimere l’accezione più negativa del suo significato. I due giornalisti, assieme ai registi Roberto Faenza e Filippo Macelloni, non prendono posizione e dichiarano di non aver voluto fare un film politico, quanto piuttosto su Berlusconi come uomo di spettacolo. Ed è qui che risiede il secondo paradosso: parlare di Berlusconi è una questione politica. Lo è da prima che scendesse in campo nel ’94, lo era già quando negli anni Ottanta il suo pubblico scese in piazza per ribellarsi all’oscuramento delle sue reti televisive (scena tra le più “agghiaccianti” del film, sottolinea Faenza).
L’applicazione di tecniche di marketing alle campagne elettorali e l’introduzione delle regole dello spettacolo televisivo in sede istituzionale emergono in modo evidente, mentre questioni come l’origine dei soldi con cui ha preso avvio l’attività imprenditoriale e il conflitto di interessi restano a margine, accennate e non approfondite a sufficienza. Il documentario è comunque tecnicamente impeccabile e ha uno stile retro che lo rende a tratti simile a un cinegiornale. E’ pervaso da un’ironia costante grazie alla formidabile voce narrante di Neri Marcorè e a un montaggio intelligente, in cui tra le immagini dell’onnipresente Silvio si inseriscono comici italiani, rockstar straniere, incubi, scene di film e l’incombente mausoleo funerario di Pietro Cascella ad Arcore – quasi a voler ricordare, a dispetto del titolo, che niente è per sempre.
Non c’è nulla che un cittadino mediamente informato non abbia già visto o sentito, ma in Italia l’informazione non è mai abbastanza. E’ per questo che ogni italiano – berlusconiano, antiberlusconiano o qualunquista – dovrebbe vederlo, anche solo per fare chiarezza nelle proprie idee e capire se questo è ciò che vuole per sé e il proprio Paese.
 

Spettacolo, tornano i fondi


La forbice ha smesso di tagliare. Il sottosegretario Gianni Letta ha annunciato il reintegro del finanziamento allo Spettacolo con i quasi 150 milioni di dotazione perenne. Il Fondo unico dello Spettacolo (Fus) sale così a 428 milioni di euro. Una sciccheria, in tempi di vacche non magre, ma scheletriche. Il tutto nel giorno dell’addio di Sandro Bondi e dell’arrivo del leghista Giancarlo Galan al ministero della Cultura. Ah, giusto, scompare anche l’aumento del biglietto del cinema. La tassa di scopo pari a un euro doveva entrare in vigore a partire da luglio, come previsto nel decreto Milleproroghe. Invece quell’euro, e forse qualcuno in più, viene dirottato sulla benzina. Eh sì, perché i provvedimenti a favore dello spettacolo verranno finanziati con le accise su benzina e gasolio. Mentre i consumatori insorgono, nel settore cultura e spettacolo sembra tornare a splendere il sole. Esplode pure la pace, che di questi tempi no fa mica male. Revocati immediatamente le manifestazioni e gli scioperi previsti nel prossimo weekend. Cinema, teatri e musei resteranno aperti. Cancellata anche la manifestazione che era prevista per domenica 27 marzo alle ore 12 al Piccolo Teatro di Milano. Insomma, la cultura non è più vietata. Dopotutto, i beni culturali vantano lo 0,21% del bilancio dello Stato.

giovedì 24 marzo 2011

Liz Taylor, la gatta scende dal tetto

"Ho dormito solo con uomini con cui sono stata sposata.Quante donne possono dichiararlo?" Liz Taylor ha avuto sette mariti e otto matrimoni. E' stata una delle più grandi dive del mondo del cinema. Liz Taylor è morta mercoledì 23 marzo 2011. Era da tempo malata di cuore. In quello degli spettatori di tutto il mondo, di cuore, ci era entrata già nel 1943, a 11 anni, quando interpreta la piccola Priscilla in Torna a casa Lassie. Da lì un'ascesa continua che la porta a diventare una star mondiale negli anni '50, quando recita in molti film dei grandi registi di Hollywood. Da Vincent Minnelli a Stanley Donen, da George Stevens a Charles Vidor, da Richard Brooks a Joseph L. Mankiewicz. La Taylor è ovunque. E' al fianco di James Dean ne Il gigante e di Paul Newman ne La gatta sul tetto che scotta. Vince due Oscar: nel 1958 per Venere in visone e nel 1966 per Chi ha paura di Virginia Woolf? E' splendida al fianco di Marlon Brando in Riflessi in un occhio d'oro di John Huston. Sposa due volte Richard Burton, conosciuto sul set di Cleopatra. E' un amore burrascoso, condito da alcool e vicendevoli denunce di aggressione. 
Negli anni '70 inizia il declino. Liz è comunque sempre al centro dell'attenzione. Resta sotto i riflettori del jet set tra matrimoni, passione per i gioielli e amicizia con Michael Jackson. E tutta una serie di premi.  Nominata dama dell'Order of the British Empire dalla regina Elisabetta II nel 1999, nel 2000 il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton l'ha premiata con il Presidential Citizens Medal per meriti filantropici. E come si dice sempre in questi casi, se n'è andata l'ultima diva. Soprattutto non c'è più un'attrice che ha fatto sognare generazioni di spettatori.

mercoledì 23 marzo 2011

FESTIVAL DEL CINEMA AFRICANO: La Mosquée

Mettete che un giorno qualcuno voglia girare un film nella vostra città. E' un film storico, legato alle vicende dei primi cristiani. Mettiamo che il set venga costruito nella vostra zona. Tra le scenografie previste nel film c'è anche una chiesa. Mettiamo che questa finta chiesa venga costruita nel cortile di casa vostra. E mettiamo che quando le riprese finiscono tutta la scenografia venga demolita tranne quella chiesa, che si trova nel cortile di casa vostra. Ora quella finta chiesa costruita nel cortile di casa vostra che faceva parte della scenografia di un film storico che tratta le vicende dei primi cristiani è diventata una vera chiesa frequentatata dai fedeli della vostra zona e della vostra città. E l'attore che interpretava il prete della finta chiesa costruita nel cortile di casa vostra che faceva parte della scenografia di un film storico ora è anche il prete della vera chiesa dove vanno a pregare i fedeli della vostra zona e della vostra città. E la chiesa è sempre nel cortile di casa vostra. E poniamo che il cortile di casa vostra non sia proprio un cortile, ma un campo dove producete, che so, latte. E che il latte sia il vostro mezzo di sostentamento. Ma ora nel cortile di casa vostra, che in realtà è il campo dove producete latte che è il vostro mezzo di sostentamento c'è costruita una chiesa. Una finta chiesa che faceva parte della scenografia di un film storico, ma ora è una vera chiesa dove la gente va a pregare.
Cosa fate allora? Cercate di demolirla, questa chiesa. 
Il regista Daoud Oulad Syad
E' questa la geniale idea di partenza de La Mosquée, film marocchino presentato al Festival del cinema africano, d'Asia e America Latina a Milano. Il regista Daoud Oulad Syad, che ha già raccolto grazie a questo film il premio per la sceneggiatura al Festival del cinema francofono di Namur (Belgio) e la menzione speciale della giuria a San Sebastian, realizza un piccolo gioiello. Metacinema e metavita, si potrebbe dire. La storia del povero Moha è raccontata in modo intelligente, divertente e mai banale. Syad riesce a raccontare con delicatezza e acutezza una situazione paradossale dove nessuno, tra falsi imam vestiti da centurioni, imam veri e turisti cinesi che filmano la falsa moschea, è capace di ascoltare le parole del protagonista. Moha parla, si lamenta con tutti e lo fa in continuazione. Ma la piccola società in cui vive non può più accettarlo nel momento in cui quelle parole le dice alla televisione, arrivata nel suo sperduto villaggio per riprendere una band che si prepara al festival musicale di Marrakech. Moha prende il microfono ma gli viene tolto.
La chiesa è ancora nel vostro cortile.

martedì 22 marzo 2011

Cannes 2011, cresce l'attesa

Dopo Berlino e dopo gli Oscar. Nella primavera del cinema si aspetta solo Cannes. Gli stati generali del cinema mondiale si ritroveranno a La Croisette dall'11 al 22 maggio, per l'edizione numero 63. Dopo il festival un po' in tono minore del 2010, quest'anno gli organizzatori stanno facendo le cose in grande. Le cose già certe sono quattro: Robert De Niro sarà il Presidente della giuria, Michel Gondry giudicherà i cortometraggi, Mèlanie Laurent sarà la madrina del galà di inizio festival e Midnight in Paris di Woody Allen sarà il film di apertura. Per il resto, si rincorrono le voci su chi ci sarà e chi non ci sarà. Sembra essere davvero la volta buona per vedere The Tree of Life di Terrence Malick. Un film attesissimo, con Brad Pitt e Sean Penn, che Malick sta montando da parecchi mesi. Annunciato prima a Cannes 2010 e poi al successivo festival di Venezia, ora il progetto del regista-filosofo sembra davvero pronto per La Croisette. Dovrebbe esserci anche Francis Ford Coppola con il thriller/horror Twixt Now and Sunrise, così come Gus van Sant con Restless. Tra le mega-produzioni, sembra quasi certa la presenza del quarto capitolo dei Pirati dei Caraibi e potrebbe esserci anche il nuovo lavoro della Pixar, Cras 2
Accanto alla produzioni hollywoodiane, come sempre Cannes prova a mettere insieme un succoso contorno di maestri del cinema europeo. Muller, per il suo ultimo festival, sognava di portare in Laguna pedro Almodòvar ma La piel que habito dovrebbe comunque essere presentato in Costa Azzurra. Anche Lars von Trier è in odore di ritorno a Cannes con l'apocalittico Melancholia. Un colpo da non mancare per Cannes è il Faust di Aleksandr Sokurov.
Vacche grasse per il cinema italiano, che dovrebbe godere di un periodo di produzione dei pochi grandi registi che abbiamo nel nostro Paese. Due nomi: Nanni Moretti e Paolo Sorrentino. Tutti e due dati per certi. Il primo con il suo Habemus Papam, che segna il ritorno alla regia dai tempi del profetico Il caimano. Il secondo con This Must be the Place, girato a Hollywood con Sean Penn.
Tra una decina di giorni sapremo i nomi ufficiali. Habemus Cannes.

domenica 20 marzo 2011

Festival del cinema africano, d'Asia e America Latina

Tanta Africa. E poi anche Asia e America Latina. Il festival del cinema più internazionale di Milano taglia il nastro della sua 21esima edizione lunedì 21 marzo. E fino a domenica 27 marzo tutti i luoghi culturali legati alla settima arte saranno pacificamente invasi da più di 80 pellicole africane, asiatiche e sudamericane. Nato nel 1991 con un chiaro intento terzomondista, il “Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina” ha visto crescere i Paesi che rappresenta, non solo economicamente ma anche artisticamente. Oggi il cinema africano è una splendida realtà, non solo nei suoi esponenti maghrebini ma anche nelle produzioni al di là dell’equatore.
Il programma del festival è quanto mai ricco e si snoda tra Spazio Oberdan, Cinema Gnomo, Centro culturale francese, Auditorium San Fedele e Teatro Rosetum. È qui che gli spettatori potranno assistere a tutti i film in cartellone. Si comincia lunedì 21 all’Auditorium San Fedele, ore 20,30 con la presentazione di A Woman, a Gun and a Noodle Shop, nuova opera del maestro cinese Zhang Yimou, l’autore di film molto celebrati come Lanterne rosse. Da martedì il festival prende il via a tutti gli effetti, con il concorso per i lungometraggi e i cortometraggi. Due premi saranno riservati alle produzioni africane, per non dimenticare il centro gravitazionale del festival, originariamente dedicato solo al cinema del continente nero. Ci sono poi due sezioni speciali: “E tutti ridono”, una selezione di commedie comiche, e “Raiding Africa”, un progetto attraverso il quale sette giovani registi provenienti da sette diversi paesi africani, hanno avuto la possibilità di girare un film in Cina.
Oltre alle proiezioni sono in programma incontri con i registi e personalità della cultura al Festival Center, uno spazio ad hoc al casello ovest di Porta Venezia aperto da mercoledì 23 dalla 10 alle 23. Venerdì 25 marzo alle 18,30, invece, alla Feltrinelli Express in Stazione Centrale si consegna il premio “Il razzismo è una brutta storia”. Un consiglio ai milanesi, cinefili e non: un giro al Festival del cinema africano dovete farlo.

sabato 19 marzo 2011

The Fighter, Christian Bale mette tutti KO

Gong. Da Paul Newman a Sylvester Stallone, da Robert De Niro a Will Smith. Fino a Hilary Swank. La boxe a Hollywood è sempre piaciuta. E i lottatori cinematografici sono stati quasi sempre premiati con statuette dorate. Non fa eccezione Christian Bale, premiato con l’Oscar come miglior attore non protagonista grazie a The Fighter di David O. Russell, dove è un ex pugile tossicodipendente che allena il fratello, interpretato da Mark Whalberg, per diventare un lottatore migliore di lui. Periferia profonda, famiglia numerosa e malsana, alcol e droga. Gli ingredienti per la parabola sportiva ci sono tutti. Umili origini e nobili destinazioni. Come Rocky, Micky Ward vola verso un successo insperato e inatteso. The Fighter convince per due terzi della sua durata, nel mettere in mostra il difficile ambiente dal quale Micky prova disperatamente di emergere. Interessa soprattutto il rapporto tra i due fratelli, con un Micky che reprime a fatica l’invidia per il fratello, sempre e comunque protagonista anche quando dovrebbe lasciare il centro del ring a Micky. Le scene di lotta sono efficaci, sembrano più vere di quelle a cui ci hanno abituato i film del genere. Ma lo scioglimento è di una superficialità e velocità imbarazzanti. Tutti i conflitti scompaiono e tutti i tasselli prendono il loro posto con troppa facilità in un puzzle che, ora sì, sa di finto. Peccato, perché il film si fa seguire e Christian Bale è davvero bravo. Un po’ meno Melissa Leo, che segue comunque Batman e si porta a casa l’Oscar come migliore attrice non protagonista. Insomma, The Fighter combatte bene, ma quando gli sembra di sentire già il gong finale stramazza rapidamente al tappeto.

venerdì 18 marzo 2011

Dylan Dog? Mica tanto

“Giuda ballerino, ma questo non è Dylan Dog”. È il commento più frequente tra quanti hanno già avuto l’opportunità di vedere il film Dylan Dog di Kevin Munroe, uscito nei cinema italiani in anteprima mondiale mercoledì 16 marzo. E tutti i torti non ce li hanno mica. La schiera di appassionati del fumetto di casa Bonelli sono numerosissimi e si sentono traditi dalla versione cinematografica. E via le polemiche, con il regista costretto a difendersi in qualsiasi modo. “Abbiamo mantenuto lo spirito”, “Per metterci tutto Dylan Dog avrei dovuto pinzare il fumetto” e così via. Kevin Munroe è stato messo alla berlina alla conferenza stampa di Roma. Il punto è che non tutti sanno che si tratta di un’operazione più che decennale, passata di mano in mano fino a perdere lo spirito originario. Produzione scadente, sceneggiatura agghiacciante e attori inadeguati. È questo il problema del film. Che non avrebbe dovuto chiamarsi Dylan Dog. Per carità, è giusto che il cinema non rispetti alla lettera il testo adattato, sia un libro o un fumetto. Anzi. Ma il punto è che qui il nome Dylan Dog sembra proprio un’etichetta posticcia su un prodotto di serie B. Non c’è Groucho, non c’è il maggiolino e non siamo a Londra ma a New Orleans. Insomma, di Dylan non c’è traccia se non nella camicia rossa e nella giacca nera indossata dal palestrato Brandon Routh, più Superman che indagatore dell’incubo. Problemi di diritti, di esclusive della Disney sul maggiolino bianco e altre limitazioni. E allora perché chiamare il film per forza così? Sergio Bonelli, l’editore, e Tiziano Sclavi, il creatore, non avevano mai visto il film prima dell’uscita ma probabilmente non saranno felicissimi di vederne il risultato. Così come Sergio Bonelli non aveva particolarmente amato Tex e il signore degli abissi, film culto con Giuliano Gemma. “Ho passato gli ultimi 30 anni a dire che con quel film non c’entro niente” ci ha detto in una recente intervista. “Può essere il primo capitolo di una trilogia”, dice Kevin Munroe. Ecco, questo è l’unico vero incubo dei fan di Dylan Dog.

giovedì 17 marzo 2011

Tre note in nero: il thriller di Lucio Fulci

Tre note in nero. Si chiama così la rassegna curata dall’Associazione culturale La Scheggia. Tre note in nero esplora il cinema thriller di Lucio Fulci. Un personaggio complesso e versatile, Fulci, che nel cinema ha fatto un po’ di tutto e ricoperto qualsiasi ruolo. Attore, regista, produttore, sceneggiatore, ma anche scrittore e musicista, Lucio Fulci  Giovedì 17 marzo alle 21,30 al Ligera 70’s Cafè di via Padova 133 si proietta Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci è stato un innovatore del cinema italiano. Ha sempre operato all’interno dei generi cinematografici, mischiandoli e creando originali ibridi. Forse per questo è stato spesso considerato semplicemente un tecnico o un mestierante. Si sa che in Italia i film di genere non hanno successo, né di pubblico né di critica. Fulci ha sempre evitato la tuttologia commediante e si è guadagnato negli anni gli appellativi di “poeta del macabro” e “terrorista dei generi”. Entrambi pronunciati con la erre moscia, perché i soprannomi arrivano dalla Francia, abituale terra di esilio degli autori italiani disconosciuti in patria. Giovedì 17 marzo alle 21,30 si proietta al Ligea 70’s Cafè di via Padova 133 Non si sevizia un paperino. Girato nel 1972, è un morboso e inquietante thriller rurale che vede le interpretazioni di Florinda Bolkan, Barbara Bouchet e Thomas Milian.
Per il programma completo: http://www.lascheggia.org/

lunedì 14 marzo 2011

Milano ricorda Walter Chiari

Più Chiari di così. E' il nome della rassegna che Milano dedica a Walter Annichiarico, in arte Chiari, a venti anni dalla sua scomparsa. Da mercoledì 16 a domenica 20 marzo il cinema Gnomo sarà centro dell'omaggio che la città fa al divo italiano, uno dei pochi attori del nostro Paese che è riuscito a diventare una star dalla notorietà internazionale. Nato a Verona da una famiglia pugliese, Walter ha comunque trascorso gran parte della sua vita a Milano, con la quale ha avuto un legame davvero intenso. Il cinema lo ha portato a lavorare al fianco dei più grandi attori e registi italiani, da Alberto Sordi a Totò, da Ugo Tognazzi a Luchino Visconti. All'estero lavora con Otto Preminger, Michael Powell e addirittura Orson Welles con un ruolo nel Falstaff. Ma Chiari non è famoso solo per le sue interpretazioni, ma anche per le sue qualità da grande seduttore che lo portano in maniera continuativa sulle prime pagine dei rotocalchi. Celebrato ininterrottamente in vita, un po' dimenticato dopo la sua morte. Ora il cinema Gnomo cerca di rialimentare la memoria di Chiari con una serie di proiezioni alla presenza di critici e personalità del mondo dello spettacolo, da Tatti Sanguineti a Maurizio Porro fino a Filippo Mazzarella. 

sabato 12 marzo 2011

Il fascino del male

Quattro serate sul tema Villain e serial killer. Luogo, il cinema Rondinella di Sesto San Giovanni, sala molto attenta al cinema indipendente e molto attiva sul recupero di pellicole di qualità. Venerdì 11 marzo sarà il secondo di quattro venerdì dedicati al fascino del male nel cinema. La rassegna, diretta da Massimo Zanichelli, ha preso il via venerdì 4 marzo con la proiezione di M, il mostro di Dusseldorf, il capolavoro di Fritz Lang con Peter Lorre. Venerdì 11 marzo alle 21 spazio a L’occhio che uccide di Michael Powell. Sono tanti i personaggi “cattivi” che hanno appassionato il pubblico nel corso dei decenni. Un posto importante in questa tradizione lo occupa l’Hannibal di Anthony Hopkins, protagonista de Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, in programma venerdì 18 marzo. La rassegna si chiude con l’agghiacciante Funny Games, straordinario film dell’austriaco Michael Haneke. Non il remake del 2008 con Michael Pitt e Naomi Watts, ma l’originale europeo del 1997, ancora più terrificante per l’anonimato degli attori che fa sembrare ancora più vicino allo spettatore la possibilità dell’orrore. Da vedere.

Schermi del corpo

Corpi che cambiano, mutano, si incontrano. Il cinema è il luogo principe del corpo. Prova a renderne conto la rassegna “Schermi del corpo”, organizzata dal cinema Anteo di via Milazzo. Curato dal gruppo di Pedagogia immaginale dell’Università Bicocca, il ciclo si articola in quattro appuntamenti. Per quattro domeniche mattina, alle 11, il cinema Anteo diventa luogo di visione e discussione del e sul cinema. La rassegna è cominciata, domenica 6 marzo, con Legami di Pedro Almodòvar. Domenica 13 si prosegue con il bellissimo Time, del grande regista coreano Kim Ki-Duk. Un film sulla trasformazione del corpo e dell’identità, sul legame tra esteriorità e anima. Si prosegue domenica 20 con Crash di David Cronenberg, trasgressivo viaggio nell’intreccio tra eros e thanatos. Conclusione domenica 27 marzo con Fight Club di David Fincher. Dopo ogni proiezione, spazio alla riflessione sugli spunti dati dalla visione dei film.

mercoledì 9 marzo 2011

Italia, arriva la rivoluzione digitale

Film al cinema? Roba vecchia. Sono 600 le sale italiane dotate di schermi digitali. Essere davanti a ognuno di essi significa essere alla Scala di Milano, o al Covent Garden di Londra o al Bolshoi di Mosca. Eh sì, perché i capolavori della lirica stanno invadendo il campo. E non solo loro, ma anche concerti pop e rock. Dalla Cavalleria rusticana ai Metallica, dalla Carmen a Valerio Scanu. Gli spettatori dei cinema sono messi sempre più in contatto con gli eventi musicali. E gli spettatori rispondono bene, c’è molto interesse di fronte a un fenomeno sempre più diffuso.
All’origine, i primi cinematografi non proiettavano solamente i film. Le pellicole erano intervallati da spettacoli di vaudeville o da numeri comici. Oggi come allora il cinema non è più un luogo consacrato esclusivamente ai film. I film possono essere fruiti in sempre più modi e canali di visione e le sale rispondono contaminando la propria funzione cinematografica con altre iniziative.  Gli schermi non si aprono solo per il teatro e la musica, anche per altri eventi. Non ultimi, quelli sportivi. Lo scorso maggio il cinema Odeon di Milano ha proiettato la prima partita di calcio in 3d: Roma-Inter finale di Coppa Italia. C’è chi dice che in qualche anno si arriverà a multiplex aperti 24 ore su 24 con una diversificazione totale di programmi e domande intercettate. Finché un giorno dire: “Vado al cinema” sarà sinonimo di “Vado al supermercato”.

martedì 8 marzo 2011

Horror&Motion, Dylan Dog compie gli anni


25 anni. Compie un quarto di secolo Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo. Milano festeggia il compleanno del celebre eroe dei fumetti creato da Tiziano Sclavi e targato Sergio Bonelli editore. La festa si celebra all’Horror&Motion dall’8 all’11 marzo, che anticipa Cartoomics, la fiera dei fumetti in programma dall’11 al 13 marzo alla Fieramilanocity. Horror&Motion regala a Dylan Dog una tre giorni su di lui. Nel pacchetto tanti film. In programma ci sono tanti classici del cinema di paura che hanno ispirato le storie di Dylan Dog, o che viceversa si sono ispirati al fumetto, da La notte dei morti viventi di George A. Romero a Shadow di Federico Zampaglione. A seguire, documentari su maestri del fumetto italiano come Sergio Toppi, Andrea Pazienza e Dino Battaglia. Al fianco delle proiezioni, tanti incontri con sceneggiatori e disegnatori del fumetto di Sergio Bonelli. Sembra davvero di rivivere l’atmosfera del Dylan Dog Horror Fest che si svolgeva a Milano negli anni Novanta. Il tutto in attesa dell’arrivo in sala, venerdì 18 marzo, di Dylan DogIl film. 

Il cinema italiano degli anni '60 si impara all'Anteo

Parte martedì 8 marzo al cinema Anteo di via Milazzo il corso "Il cinema italiano degli anni Sessanta. Storia e critica". 14 incontri con critici e storici del cinema per provare a gettare luce sul periodo d'oro della nostra arte cinematografica. I nomi dei "docenti" sono di tutto rispetto: Paolo Mereghetti, Luca Malavasi e Alberto Pezzotta. L'incontro dell'8 marzo comincia alle 18,30 e termina alle 22,15. Dalla seconda lezione in poi l'orario diventa 19-22. Ogni incontro prevede la visione integrale di un film e a seguire la lezione vera e propria. Il ciclo è diviso in due moduli: i primi cinque incontri offriranno un approccio critico al film, i successivi nove invece si slegheranno dal contesto esclusivamente cinematografico e si parlerà del ruolo che le opere hanno nella cultura e nel costume italiani. La selezione di film è straordinaria e va da La dolce vita di Fellini, protagonista del primo incontro a La notte di Antonioni, da film di Francesco Rosi ad altri di Marco Bellocchio.

Per informazioni e iscrizioni: OffiCine - Ilaria Frigerio officine@ied.it, tel. 025796951.

Ecco il programma completo:

Primo modulo. Guida (critica) ai capolavori italiani.

8 marzo: La dolce vita , di Federico Fellini  con Paolo Mereghetti

15 marzo: Io la conoscevo bene , di Antonio Pietrangeli con Luca Malavasi

22 marzo: La presa del potere di Luigi XIV , di Roberto Rossellini  con Luca Malavasi

31 marzo: La notte , di Michelangelo Antonioni con Alberto Pezzotta

5 aprile: Salvatore Giuliano , di Francesco Rosi con Alberto Pezzotta

 
Secondo modulo. Per una storia del cinema italiano degli anni sessanta.

14 aprile: L’evoluzione della commedia: Una vita difficile , di Dino Risi con Paolo Mereghetti

26 aprile: Sotto i colpi della censura: L’ape regina , di Marco Ferreri con Alberto Pezzotta

5 maggio: Piccolo è (molto) bello: La ricotta e Che cosa sono le nuvole , di Pier Paolo Pasolini con Alberto Pezzotta

12 maggio: L’horror all’italiana: La maschera del demonio , di Mario Bava con Alberto Pezzotta

24 maggio: L’”altro” western all’italiana: Il grande silenzio , di Sergio Corbucci con Alberto Pezzotta

7 giugno: Il cinema civile: Il giorno della civetta , di Damiano Damiani con Luca Malavasi

28 giugno: L’altra faccia del Boom: Il maestro di Vigevano , di Elio Petri con Luca Malavasi

5 luglio: Arriva il Sessantotto: La Cina è vicina , di Marco Bellocchio con Luca Malavasi

12 luglio: La nascita di Carosello, la televisione fa cinema in 3 minuti con Luca Malavasi

lunedì 7 marzo 2011

Silvio forever

Per sempre Silvio. Sul Tg1 sì, non sulla Rai. O quantomeno non il trailer del film diretto da Roberto Faenza e sceneggiato dai due giornalisti Gianantonio Stella e Sergio Rizzo. Silvio forever, progetto segretissimo fino a una settimana fa, uscirà nei cinema venerdì 25 marzo, ma la televisione pubblica ha deciso di oscurarne lo spot. Una scelta definita sbagliata persino da Vittorio Feltri. Il motivo della decisione? L’intro in cui mamma Rosa Berlusconi definisce il nostro Presidente del consiglio “un uomo unico”. Ma intanto la biografia non autorizzata del premier ha raggiunto il primo risultato: mantenere il silenzio fino a poche settimane dall’uscita in sala e fare invece parlare di sé dopo l’annuncio della sua esistenza. Silvio forever è un film di montaggio, con l’utilizzo di materiali di repertorio, spezzoni di telegiornali e trasmissioni, videomessaggi e interviste. Tutto il resto è un mistero, compreso il numero di copie in cui sarà distribuito nelle sale. Pochi giorni prima dell’inizio del processo che vede Silvio accusato di concussione e prostituzione minorile, gli italiani avranno la possibilità di ricordare la storia personale dell’uomo attorno a cui ruota il Paese da ormai un ventennio. Dopo Il caimano e Videocracy, un altro film su Berlusconi, il primo biografico. Ma Berlusconi non ha paura. D’altra parte, lo dice anche in un immagine di repertorio ripresa da Faenza: “Sono invincibile”. Per sempre?

Milano dà anche "Sguardi altrove"


Se non ora, quando? Comincia lunedì 7 marzo la diciottesima edizione di “Sguardi altrove”, il festival del cinema femminile. Fino a domenica 13 marzo gli spazi milanesi del cinema saranno pacificamente invasi da film, video e fotografia a firma rigorosamente femminile. Gli schermi sono sempre quelli: Spazio Oberdan e cinema Gnomo. Ma non solo. A loro si aggiungono anche la Fabbrica del Vapore e la Triennale. Sguardi altrove si allarga, forte delle quasi 15mila presenze in sala nell’edizione del 2010. La selezione del 2011 è particolarmente ricca: più di 100 titoli provenienti da venti paesi. Accanto al concorso, ci sono anche le sezioni speciali, a partire da quella chiamata Cinema e volontariato, dedicata al rapporto tra il mondo del cinema e il lavoro svolto dalle associazioni europee di volontariato sui territori devastati dalle guerre.
Molta attenzione è dedicata all’Africa, con un focus su Nollywood, il cinema nigeriano ma anche con Made in Africa, una mostra alla Triennale, e una viedeo-installazione di William Kentridge. Tra gli ospiti di rilievo, ci sono Elisabetta Sgarbi e Maria Sole Tognazzi. Numerosi gli omaggi all’Italia, nell’anno dei 150 anni dell’Unità, e a Milano con documentari su Rosellina Archinto, Inge Feltrinelli e Morando Morandini.
Per il programma completo: www.sguardialtrove.it

venerdì 4 marzo 2011

Visioni estreme - Le giornate del cinema del Quebec

Visioni estreme. Questa l’etichetta dell’ottava edizione della rassegna “Les journées du cinéma québécois”, curata dal Centro di cultura francese di corso Magenta a Milano. Quattro giorni di proiezione: 3, 5, 16 e 19 marzo. Il cinema del Québec è vivo e la selezione di titoli proposti al pubblico milanese si propone di renderlo noto. Un esempio recente di questa vitalità è La donna che canta di Denis Villeneuve, che ha avuto molto successo nei festival mondiali. Il tema di questa edizione sono appunto le visioni estreme, al limite. In programma ci sono film per ragazzi, documentari sociali, fiction e cortometraggi d’animazione. Il tratto comune è l’angoscia per il futuro e la disperata ricerca dell’amore.
Per informazioni e programma completo: http://www.culturemilan.com/

giovedì 3 marzo 2011

Carmelo Bene contro il cinema


“Il cinema è la pattumiera di tutte le arti”. Firmato Carmelo Bene. Nella sua inesauribile vita artistica, Carmelo Bene fece di tutto: letteratura, cinema, teatro, poesia. Ora un libro, Contro il cinema, curato da Emiliano Morreale, raccoglie le interviste più significative in cui Bene parla della settima arte. La vita registica di Bene dura solo cinque anni, dal 1968 al 1973. Un anno prima era apparso sullo schermo grazie all’Edipo re di Pierpaolo Pasolini. I film diretti da Bene sono sei: Hèrmitage, Nostra signora dei turchi (premio speciale della giuria a Venezia), Capricci, Don Giovanni, Salomè e Un Amleto di meno.
Visionario, surreale, eccessivo. Il cinema di Carmelo Bene è una perla unica nella produzione artistica italiana. I suoi film provocano scandali, censure, picchetti fuori dai cinema. “Non voglio che i miei film comunichino niente” diceva Bene, che ha un rapporto intenso, viscerale con le proprie creature filmiche. Quello che si dice odio e amore. Un’occasione per riscoprire il cinema di Bene, anche contro la sua volontà: “Dal pubblico non voglio niente, e soprattutto non voglio pubblico”.

Charlot lo zingaro


Chaplin arrivò terzo a un concorso di sosia di Chaplin. E' solo una delle tante voci che si sono diffuse nel tempo sul mitico papà di Charlot. Ora ce n'è una nuova, e pare vera. Charlot nacque in un carrozzone di zingari. Forse anche Sir Charles Spencer Chaplin, o più semplicemente Charlie Chaplin, il più grande regista e attore di tutti i tempi. La verità sarebbe contenuta in una lettera che Chaplin riceve nel 1971, sei anni prima della sua morte. Lo rivela il figlio Michael, che continua: “Papà fece una cosa per lui del tutto inusuale: la conservò chiudendola a chiave in un cassetto. Poi non ne parlò mai più”.
All’epoca Chaplin si trovava a Vevey, Svizzera, perché venti anni prima aveva dovuto tornare in Europa, espulso dagli Stati Uniti. Lo accusavano di azioni sovversive. Quello che paga Chaplin è in realtà il suo disprezzo verso una società industriale che proprio in quegli anni conosceva il suo boom. Il suo alter ego, Charlot, aveva un’attenzione ossessiva per gli emarginati, facendone lui stesso parte. Forse la sua sensibilità veniva da lontano. Esattamente da un carrozzone nel parco Black Patch di Smetchwick, dintorni di Birmingham.

mercoledì 2 marzo 2011

Beyond, la febbre del passato

«Il male è nelle cose», pensava il protagonista di un romanzo del poeta milanese Maurizio Cucchi. Così in Beyond, prima prova dietro la macchina da presa dell’attrice bergmaniana Priscilla August, il male è insito in ogni inquadratura, in ogni primo piano, in ogni dettaglio. È un male sottile e impercettibile, stratificato nelle cose per addizione. Un male che si accumula con il tempo e si nutre di passato. Si insinua come un fluido fra le maglie dei vestiti, le tazze della colazione e le candeline per la torta di compleanno. Fino a che, prima che ce ne possiamo accorgere, si impadronisce della forma stessa del nostro presente, delle forma di ogni cosa. Ed esplode. Violentemente.  

Leena - una Noomi Rapace in stato di grazia – è una donna che vive un idillio costruito su questo male. Ha due splendide bambine ed un marito che adora. La sua fortuna però, ha fondamenta fragili, minate da un passato violento che ha nascosto alla sua coscienza come a quella dei suoi cari. Quando, improvvisamente, riceve una telefonata che la chiama al capezzale della madre morente, quel passato ritorna e sbriciola ogni cosa. In lei come fuori di lei. Comincia un viaggio verso l’ospedale dove la madre è ricoverata, che è assieme un andare ed un ritornare. Un avvicinarsi ed un regredire. L’incontro con la madre accende in Leena la polveriera dei suoi ricordi. La costringe a ritornare alla sua difficile infanzia da figlia di immigrati finlandesi in Svezia. Un padre sempre ubriaco e una madre impotente, pronta a perdonare ogni volta le percosse del marito.

I ricordi, come insegna Ibsen, sono sempre fantasmi. Che in Beyond si fanno brividi della pelle, unghie nella carne, espressioni del volto stralunate e tremori delle mani. La macchina da presa della August si incolla a Leena, riempiendo lo schermo delle sue pupille dilatate, dei suoi fremiti di angoscia, delle febbri del suo passato che ritorna e lei non riesce né ad accettare né a superare. Ma indugia anche su ciò che Leena tocca, sfiora, mangia, fuma. Quando è costretta a stare con la famiglia nel vecchio appartamento dove era cresciuta così da poter assistere la madre, ogni oggetto di quelle stanze le diviene ostile. Lava freneticamente le stoviglie, la tazza del cesso, strappa alcuni vestiti di dosso alle figlie perché erano i suoi da giovane, urla al marito di non toccare nulla. Vorrebbe dominare, da adulta, il mondo che l’ha violentata da bambina. Ma tutto è beyond, dietro, oltre: inafferrabile.

Priscilla August confezione un film inteso e drammatico, arricchito di quella lezione bergamniana che vuole la cinepresa vicino al cuore e alle rughe dei suoi personaggi. E non dimentica le parti fondamentali del dogma di Trier affinché l’arroganza del cineasta si avvicini alla verità di ciò che accade sulla scena. Quello che più colpisce di questo Beyond è proprio la verità: l’autenticità del lavoro della macchina da presa sugli attori. Che trasforma l’occhio meccanico della telecamera in carezzevole sguardo. 

Peter Brook al cinema Gnomo


Avrà anche scritto Lo spazio vuoto, ma Peter Brook i teatri li ha sempre riempiti. Da lunedì 28 febbraio fino a domenica 6 marzo vedremo se riempirà anche il cinema. Nello specifico, il cinema Gnomo di via Lanzone (MM2 Sant’Ambrogio). E’ qui che si tiene la rassegna “Peter Brook maestro di pensiero”, che ripercorre la carriera cinematografica e teatrale del maestro inglese.
L’iniziativa avviene in concomitanza alla messa in scena de Il flauto magico diretto da Brook al Piccolo Teatro di Milano. Universalmente considerato uno dei più grandi autori di teatro del XX secolo, Brook vanta anche una fertile produzione cinematografica. Nei suoi film si è quasi sempre ispirato a grandi opere letterarie o teatrali: da Shakespeare a John Gay, da Marguerite Duras a Golding, Brook ha portato sul grande schermo la sua interpretazione a grandi testi. Ed è stato capace di coinvolgere spettatori di ogni tipo e provenienza culturale. Basti pensare che Brook si è cimentato con la trasposizione cinematografica del Mahabaratha nel 1989. Il cinema sarà anche Gnomo, ma il contributo all’arte dato da Brook non è Piccolo.

Una lettera a Elia: il cinema di Kazan all'Oberdan


Venerdì 25 febbraio è stata aperta la lettera a Elia Kazan, scritta da Martin Scorsese. Luogo della lettura, lo Spazio Oberdan di Milano. A Letter to Elia, documentario del regista italoamericano, ha aperto la rassegna dedicata dalla Cineteca Italiana al grande autore degli anni ’50-’60. Il film di Scorsese, applaudito allo scorso Festival di Venezia, raccoglie spezzoni, fotografie e interviste all’autore greco-americano, messo da parte dallo star system per le sue implicazioni col maccartismo.  
Nel 1999 Kazan riceve l’Oscar alla carriera tra la freddezza dei colleghi. Kazan è il regista che porta a Hollywood le tematiche sociali, è lo scopritore di Marlon Brando e James Dean, è il fondatore dell’Actor’s Studio di New York. Cinque i film in cartellone all’Oberdan nei prossimi giorni: Un tram che si chiama desiderio, Fronte del porto, La valle dell’Eden, America America, Gli ultimi fuochi. Dall’adattamento di Tennessee Williams con Vivian Leigh agli otto Oscar di Fronte del porto. Merita la visione soprattutto La valle dell’Eden, tratto dal romanzo di Steinbeck e con un magnifico James Dean. Manca Splendore nell’erba con Natalie Wood. Ma la lettera a Kazan merita di essere letta.

Per il programma completo: www.cinetecaitaliana.it

martedì 1 marzo 2011

Oscar 2011: commenti

Dopo le premiazioni, per gli Oscar 2011 è tempo di commenti. Il discorso del re, dunque. Dopo The Millionaire, film meticcio girato da uno scozzese in India, e The Hurt Locker, primo Oscar femminile per giunta con un film di guerra, si respirava già da qualche settimana la voglia di tornare al classico. Scontato perciò che The Social Network dovesse perdere la corsa con il film di Tom Hooper. David Fincher presenta un mondo nuovo e spiazzante, soprattutto per i tromboni dell'Academy. Jesse Eisenberg/Marc Zuckerberg è tutto tranne che schematizzabile: guarda le persone, i rapporti e il mondo con un'aria tra distacco e superiorità che difficilmente può creare empatia. Fincher e la sceneggiatura, giustamente premiata, hanno avuto il coraggio di non edulcorare storia e personaggio. Tutto diverso ne Il discorso del re, che gioca sull'identificazione e sul grado zero di interpretazione critica della realtà rappresentata. Un polpettone classico, insomma, ben scritto e ottimamente recitato. Non un gran film.
Desta ancora più stupore, quindi, che Tom Hooper si porti a casa anche l'Oscar per la migliore regia. Una regia che è apparsa piuttosto piatta, un semplice accompagnamento delle performance attoriali. Una regia che ha, appunto, un intenso sapore, quando si professava ancora il dogma del montaggio invisibile. Tra i nominati avrebbe meritato il premio Fincher, molto più coraggioso ed elaborato. The Social Network ha un ritmo straordinario, grazie anche a un montaggio perfetto e una colonna sonora straordinaria firmata Trent Reznor. Non a caso premiati entrambi con la statuetta.
I premi agli attori non hanno riservato nessuna sorpresa. Firth e Portman dovevano essere, Firth e Portman sono stati. Il buon Colin ha vinto anche per accumulazione di nomination: tante candidature, nessuna vittoria fino a quest'anno. Nel 2010 il suo George Falconer di A Single Man aveva dovuto soccombere di fronte al grande Jeff Bridges di Crazy Heart. Nel 2011 è stato risarcito a scapito del bravissimo Eisenberg, strafottente al punto giusto, e al James Franco di 127 ore, tra l'altro presentatore della nottata degli Oscar insieme ad Anne Hathaway. Natalie Portman trionfa con il suo ruolo da prima ballerina di Black Swan. In questo caso nulla da dire: ha vinto la migliore. A Hollywood la boxe tira sempre, e lo dimostrano i due Oscar agli attori non protagonisti di The Fighter, Christian Bale e Melissa Leo. Il Grinta dei fratelli Coen, rimasto a bocca asciutta nonostante le dieci nomination, avrebbe meritato la consolazione di veder vincere la giovanissima Haileen Steinfeld.
Inception spopola negli Oscar tecnici: quattro statuette, tutte condivisibili. C'è chi dice che l'Academy si sia già portata avanti per ricoprire d'oro il terzo capitolo del Batman di Nolan, ancora in fase di pre-produzione. Se ne riparlerà agli Oscar 2013. Grazie alle categorie minori porta a casa due Oscar anche l'orribile Alice di Tim Burton, improbabile saga epico-femminista e lontana anni luce dallo spessore del cartone Disney di cinque decadi prima.
Tra i film stranieri, il fascino di Inarritu e soprattutto di Bardem non riesce a far pendere la bilancia dalla parte di Biutiful. La danese Susanne Bier, già vincitrice ai Globes con il suo In un mondo migliore, resiste anche all'appuntamento più importante. Assenti Giorgio Diritti e Xavier Beauvois, forse è giusto così. Inside Job di Charles Ferguson vince tra i documentari, Toy Story 3  nei film di animazione. Risultati abbastanza scontati, visto che la raffinatezza poco losangelina de L'illusionista di Chomet.
E l'Italia? Resta a guardare, in attesa del film che verrà.