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venerdì 13 gennaio 2012

Cinema Manzoni, un bene comune

L'atrio del cinema Manzoni negli anni '50
I promotori dell'iniziativa a difesa del cinema Manzoni di Milano ci hanno scritto e noi volentieri diffondiamo.

Perché adoperarsi proprio per il cinema Manzoni? Perché solo adesso? Non è ormai troppo tardi? Molte riflessioni di tipo pragmatico sull’attuale andamento del cosiddetto “trend commerciale” e sulla realtà culturale conducono alla dichiarazione che “una sala come il Manzoni - 1200 posti - in centro a Milano ormai non ha ragione di esistere”.
Le monosale stentano a vivere e negli ultimi dieci anni (nel solo centro storico) hanno chiuso cinema nati in epoche più o meno lontane: Ambasciatori (inaugurato nel 1956), Ariston (1945), Astra (1941), Cavour (1962), Corallo (1973), Corso (1926), Durini (1955), Excelsior (1928), Mediolanum (1971), Mignon (1945), Pasquirolo (1975), President (1977).
Il Manzoni era e resta la sala più prestigiosa ed elegante della città, costruita nel 1947 dall’architetto Mario Cavallè (Milano 1895-1982, studiò a New York e costruì in tutta Europa ben 136 sale, tra cui l’Astra). Amata da Keaton e da Bergman, fu la prima in Italia e la terza nel mondo a proiettare in Cinerama.
Ovviamente i motivi della chiusura, se visti da una lente di tipo commerciale, risiedono nella non sostenibilità economica. Da una parte il caro-affitti, frutto di una lenta ed inesorabile speculazione immobiliare, dall’altra la trasformazione socio/economica che ha portato alla nascita delle multisale, e quindi ad un consumo di cinema trasformato in profondità, che ha lasciato il campo al prodotto commerciale di intrattenimento, a discapito di quello di opera d’arte o di prodotto culturale.
Ci siamo chiesti: che senso ha un’iniziativa a sostegno di una sala che “non ha più ragione di esistere”? Di un’idea di cinema e di consumo culturale che non ha più “senso di esistere”?
Pensiamo che la tutela del Cinema Manzoni, che peraltro è sotto il vincolo della Sovraintendenza alle Belle Arti, abbia un profondo senso politico, perché andrebbe a preservare qualcosa che dal nostro punto di vista oggi può essere definito come “bene comune”.
Il giurista Ugo Mattei, nel suo recente“Beni Comuni - Un Manifesto” teorizza infatti i beni comuni come riconquista di spazi pubblici, democratici, fondati sulla qualità dei rapporti e non sulla quantità dell’accumulo, merce declinabile solo in termini di un “esistere insieme” di tutti i cittadini. Cose di utilità per i diritti della persona e a beneficio delle generazioni future.Nella stessa direzione si situa anche l’intervento – presso il Teatro Valle Occupato - di Stefano Rodotà, giurista ed ex presidente dell’Autorità garante per la privacy: “Dipende da noi – ha sottolineato Rodotà – da quanto vogliamo poi nel tempo continuare ad essere difensori di questo principio che affermiamo come comune. Perché i diritti possono sempre essere messi in discussione nel tempo, e oggi – cosa che credevamo impossibile – vengono messi in discussione diritti che pensavamo e pensiamo ancora inalienabili. Tutto sta nelle nostre mani, a quanto siamo disposti ad essere “partigiani” dei nostri diritti acquisiti, difensori di quei beni che riteniamo comuni”.
É qui che affondano le radici della nostra iniziativa. L’obiettivo generale è quello di sensibilizzare la cittadinanza sul fatto che anche il cinema Manzoni dovrebbe assoggettarsi alle leggi del mercato e dismettere per sempre la sua natura, ovvero quella di luogo importante dal punto di vista architettonico, culturale, storico e sociologico e come tale bene comune.
Nella prospettiva di promuovere un confronto con le Istituzioni e la proprietà Prelios-Pirelli, che a tutt’oggi non pare aver ancora presentato alcun progetto e sulle cui intenzioni né l’Amministrazione Comunale, né la Sovraintendenza alle Belle Arti si sono espresse, intendiamo proporre una giornata di “utilizzo culturale” della sala, un momento di forte richiamo che faccia riscoprire il luogo, chiuso da diversi anni, “abitandolo” con rappresentazioni ed interventi.
Coinvolgere la cittadinanza, informandola della situazione del cinema Manzoni e del suo destino prossimo, ci sembra un’opportunità imprescindibile per dimostrare che anche a Milano esiste una sensibilità diffusa verso i luoghi della cultura e della memoria culturale, sempre in pericolo.
L’appuntamento è il giorno 19 gennaio 2012 alle ore 21:00 presso la Casa della Cultura, in via Borgogna 3 a Milano (MM San Babila).

lunedì 12 dicembre 2011

Woody will always have Paris

“We’ll always have Paris”. Woody Allen non ha mai nascosto che questa è una delle sue battute preferite nella storia del cinema. Amava tanto Casablanca e la battuta di Humphrey Bogart da inserirla in una sua commedia, Play It Again, Sam, sia nella piéce teatrale sia nell’omonimo film diretto da Herbert Ross. Il newyorkese Woody ha sempre amato innanzitutto l’Europa. E, forse ancor prima del Vecchio Continente, Parigi. Lui, un ebreo di Manhattan di origini russo ungheresi. Ama definirsi un “americano europeo” o addirittura un “europeo americano”. Eterna contraddizione di un uomo e di un artista che si è sempre mosso a fatica dalla sua isola. “Un uomo non è un’isola”, diceva Annie Hall ad Alvy Singer nel film che è stato più generoso di successi con Allen, pur se non richiesti (leggi: 4 Oscar non ritirati). 34 anni dopo pare che il buon Woody abbia colto questo insegnamento. E continua il suo lungo tour europeo, che ormai lo vede toccare quasi ogni singolo Paese. Londra (3 volte), Barcellona, di nuovo Londra, ora Parigi. E con Roma già dietro l’angolo. La tappa parigina è quella forse più sentita da Woody, che mette in pellicola, ancora una volta, se stesso, o quantomeno il se stesso artista, il se stesso personaggio.

“Nessuno è felice nel luogo dove si trova”. Questo è l’assunto di base di Midnight In Paris. Un assunto che potrebbe essere esteso alla stesa esistenza di Allen. Lui stesso aveva parlato di anhedonia decenni fa, ovvero ”l’incapacità di trarre soddisfazione dalla propria esistenza”. Woody è un americano che vorrebbe essere europeo. Ma appena arriva in Europa gli manca Manhattan. Allo stesso modo, anche il protagonista del film, Gil, ha sempre sognato di vivere nella Parigi degli anni Venti. Ma quando il suo sogno si può realizzare comprende che non esiste un’epoca d’oro. La belle époque è relativa, il tempo è un continuo gioco malinconico di rimpianto verso ciò che non si ha. “La nostalgia del non vissuto”, la definiva qualcuno. Bene, è proprio quella che pervade Gil, come Woody.

Un film bellissimo, Midnight In Paris. Crepuscolare, e non potrebbe essere altro vista l’ora del giorno indagata. Leggero, come solo il tocco di Woody può essere. Un tocco inconfondibile, sia che dipinga l’Upper East Side sia che dipinga Tottenham o Mont Martre. Una favola, a cui non si smette di credere neppure per un secondo. Non ci si chiede mai se Gil arrivi davvero negli anni Venti oppure no. Non è quella la questione importante. Né ci si chiede come sia possibile il fatto che ogni mezzanotte su una scalinata nella Parigi del 2010 uno scrittore americano riesca a finire nel circolo letterario di Gertude Stein. E qui incontrare Hemingway, Picasso, Bunuel, Dalì, Scott Fitzgerald. Un piacere citazionistico e decostruzionista che si vorrebbe durasse per sempre. Irresistibile la messa in scena dei rendez vous con gli artisti, su tutti quello con un ottimo Adrien Brody nei panni del surrealista Dalì.

Le tematiche toccate sono quelle dell’Allen più intimista, anche se qui le affronta sempre con il sorriso sulle labbra. Tutto si gioca sul filo di talento e sensibilità. Gil ha la sensibilità per essere un grande scrittore, ma ne ha anche il talento oppure dovrà restare a scrivere scadenti sceneggiature di blockbuster hollywoodiani? Sembra la stessa domanda che guidava Interiors nel personaggio di Joey. Esprimere ciò che si sente. L’ossessione di Allen. Sempre alla ricerca di profondità diverse, quasi non bastasse mai quello che viene detto. Né dove viene detto. Forse Parigi può aiutare Gil e ha aiutato Woody, che dopo un viaggio nel fantastico ancora una volta sceglie la realtà. Anche se questa volta realtà e fantasia sembra possano coincidere. Al contrario di quello che succedeva ne La rosa purpurea del Cairo. Lì Mia Farrow sceglieva la realtà, e ne veniva incontrovertibilmente delusa. Qui Gil sceglie non la realtà, ma il suo tempo. Decide di cambiare il suo tempo e farlo divenire reale. Basterà per vincere l’anhedonia? Non è dato saperlo, ma Woody vorrebbe credere di sì. Lui continua a girare. Ma un monolocale a Mont Martre non vivrà mai.
Lorenzo Lamperti

mercoledì 30 novembre 2011

Miei cari assassini, tra horror e thriller made in Italy

I confini tra horror e thriller sono sempre stati labili. Paura, shock, morte e buio sono figure ricorrenti nell'uno e nell'altro immaginario: un filo nero che collega due generi così lontani, eppure così vicini. Cosa distingue, allora, una pellicola thriller da una horror? Bartolini, Cavenaghi, Magni e Servini provano a fare chiarezza e a fissare alcuni punti fermi focalizzandosi sulla storia del thriller e dell'horror nel nostro Paese, e indagando all'interno dei numerosi titoli a metà strada tra i due generi. Da Profondo rosso a La casa dalle finestre che ridono, da Buio Omega ai recentissimi Shadow e At the End of the Day, tante sono le opere di difficile classificazione, inserite non a caso nei volumi dedicati alla storia del thriller e dell'horror nostrano che saranno presentate in anteprima nel corso delle serate. Ospite d'eccezione della serata conclusiva sarà Cosimo Alemà, regista di At the End of the Day, che per l'occasione presenterà il dvd e il blu-ray del film, editi da Cghv (collana CineKult), firmandone le copie per i fan. Tre appuntamenti da brivido, tre serate per non dormire.
Primo appuntamento

GIOVEDÌ 1 DICEMBRE THRILLING
Ore 20.30 – Presentazione dei volumi
Thriller italiano in 100 film - (C. Bartolini, L. Servini, Le Mani, Recco, 2011)
Cripte e Incubi. Dizionario dei film horror italiani - (M. Cavenaghi, Bloodbuster, Milano, 2011).

Saranno presenti gli autori dei libri che dialogheranno sui confini tra i generi della paura.

Ore 21.30 – Proiezione di
SHADOW di Federico Zampaglione, 2009
David, un giovane soldato di ritorno dall'Iraq, decide di ritirarsi in una isolata località di montagna per ricomporre i pezzi della sua vita. In mezzo ad una foresta David incontra Angeline e insieme a lei inizia a esplorare la zona, venendo a conoscenza anche di una terrificante leggenda locale. Ben presto il giovane sarà costretto a rendersi conto che la credenza popolare è più vera di quanto si creda, diventando suo malgrado testimone di eventi ben più orribili e crudeli di quelli vissuti durante la guerra.
Proiezione c/o Spazio Ligera - enoteca 70's cafè - via Padova 133, Milano (M2 Cimiano - autobus 56 da Piazzale Loreto)
ingresso biglietto 2 euro tessera associativa 3 euro
programma completo http://www.lascheggia.org/mieicariassassini.htmlinformazioni info@lascheggia.org

martedì 22 novembre 2011

Filmmaker Doc 16

FILMMAKER DOC 16Milano 22 - 30 novembre 2011

Comunicato stampa
mercoledì 23 novembre
Fabbrica del Vapore - Via Procaccini 4, Milano
Gnomo Milano Cinema - Via Lanzone 30, Milano
Centre Culturel Français, Corso Magenta 63, Milano
Ingresso gratuito

Programma Fabbrica del Vapore
15.00 Raccontare Milano. Tavola rotonda con gli autori della sezione Milano Metropoli
18.00 Antonio Somaini presenta Ejzenstejn. Il cinema, le arti, il montaggio. Einaudi, 2011.
          Insieme all'autore interviene Barbara Grespi, Università di Bergamo.
Programma Gnomo Milano Cinema
18.30 Extra_Heimat di Federico Tinelli (Fuori Formato)
18.45 Una miniera di ricordi  di Fabio Montella (Fuori Formato)
18.55 Dora Gaia di Giovanna Cicciari (Fuori Formato)
20.00 Notes sur nos voyages en Russie e Diario 1989.Dancing in the Dark di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi (Programma Speciale).
          Incontro con Gianikian e Ricci Lucchi condotto da Paolo Mereghetti.
22.00 Alvorada Vermelha di Joao Pedro Rodrigues e Joao Rui Guerra da Mata (Concorso)
22.30 In attesa dell'Avvento di Felice D'Agostino e Arturo Lavorato (Concorso)
22.50 Sack Barrow di Ben Rivers (Concorso)
Programma Centre Culturel Français
22.00 L'Anabase de May et Fusako Shigenobu, Masao Adachi et 27 anées sans images di Eric Baudelaire (Concorso)

FILMMAKER DOC 16, l'edizione 2011 è dedicata a Silvano Cavatorta, storico direttore della manifestazione, scomparso nello scorso mese di marzo.

Giornata fitta di incontri e di titoli che si declinano in tre schermi quella di mercoledì 23.
Lo Gnomo propone tre titoli da Fuori Formato, tre dal Concorso Internazionale e due lavori firmati Gianikian/Ricci Lucchi che accompagnano in sala il dittico composto
da Dancing in the Dark e Notes sur nos voyages en Russie. Il primo, girato nell'estate del 1989 a poco piu' di due mesi dalla caduta del muro di Berlino, si snoda in Feste
dell'Unità tra l'Emilia e la Romagna, il secondo è un viaggio tra i protagonisti delle avanguardie russe degli anni Venti e Trenta, perseguitati dal comunismo. I due registi, tra
il 1989 e il 1990, intervistano a Leningrado-San Pietroburgo i sopravvisuti di quella lunga storia.
L'incontro con Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi è condotto da Paolo Mereghetti, critico del Corriere della Sera e autore con Enrico Nosei di
Cinema anni di vita:Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi (Il Castoro, 2000).
Dal Concorso: Alvorada Vermelha di Joao Pedro Rodrigues e Joao Rui Guerra da Mata che filmano il Mercato Rosso, il famoso mercato di generi alimentari di Macao:
i gesti, la routine del lavoro, i colori, gli odori e il sangue. Un mondo tra realtà e finzione, tra animali fatti a pezzi e donne sirene....
E ancora In attesa dell'Avvento di Felice D'Agostino e Arturo Lavorato che ricordano il 1971 della rivolta a Reggio Calabria. Storia di quaranta anni fa che ritorna con
ombre inquitanti. Da ultimo Sack Barrow di Ben Rivers. L'autore va a visitare una fabbrica, nella periferia di Londra e osserva, nell'ultimo mese di vita della fabbrica
che era stata aperta nel 1931 per dare lavoro ai reduci e agli invalidi di guerra, l'ambiente e la routine dei pochi operai rimasti.
Da Fuori Formato:Extra_Heimat di Federico Tinelli, autore milanese diplomatosi alla Civica Scuola di Cinema di Milano nel 1999; segueUna miniera di ricordi
di Fabio Montella, protagonista Maria Dell'Acqua di anni 88 che ha vissuto tutte le trasformazioni che si sono succedute a Cabernardi e Cantarino, due piccoli villaggi, divenuti
insediamenti fantasma, del Comune di Sassoferrato (Ancona). Nel passato i due paesi avevano conosciuto una crescita formidabile grazie alle miniere di zolfo della Montecatini;
finita l'epoca dello zolfo è iniziata l'emigrazione in Belgio. Il terzo titolo è Dora Gaia di Giovanna Cicciari che segue passo dopo passo il lavoro, creativo ma anche fisico, di un
giovane scultore stabilitosi a Carrara.
Centre Culturel Français dal Concorso Internazionale: L'Anabase de May et Fusako Shigenobu, Masao Adachi et 27 anées sans images di Eric Baudelaire. Il regista
racconta la latitanza in Libano di Fusako, leader di un gruppo di estrema sinistra giapponese implicato in operazioni terroristiche. May, sua figlia, nasce in Libano e, solo a
27 anni, dopo l'arresto di sua madre, "scopre" il Giappone. Fino ad allora ha vissuto con un'identità che non è mai stata la sua.
La Fabbrica del vapore  ospita alle 15.00 Raccontare Milano. Tavola rotonda con gli autori della sezione Milano Metropoli, filmmakers che operano nel capoluogo
lombardo e nella sua provincia.
Segue, alle 18.00, la presentazione di Ejzenstejn. Il cinema, le arti, il montaggio. Einaudi, 2011. Insieme a Antonio Somaini, autore del libro, interviene Barbara Grespi,
docente dell'Università di Bergamo.

mercoledì 16 novembre 2011

Cinema Gnomo, a breve i titoli di coda

Cinema Maestoso
Ssst. Sta cominciando. Le luci si spengono. Niente pubblicità. Lo schermo si accende solo dopo che si apre un vecchio sipario. E via al film. Quasi sempre d'autore. Oppure di un giovane indipendente. Questo è stato per molti anni il cinema Gnomo di Milano.
Situato in un cortiletto in via Lanzone 30, chiuso tra la basilica di Sant'Ambrogio e la sede dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, lo Gnomo era uno dei pochi punti di incontro del cinema d'essai milanese. Ora sta per chiudere.
La gestione del Comune si concluderà con il 31 dicembre 2011 e il locale tornerà alla curia. L'assessore alla cultura Stefano Boeri promette che al posto dello Gnomo verrà riaperto il Nuovo Cinema Orchidea di via Terraggio, chiuso da parecchio tempo. Il Nuovo Orchidea dovrebbe diventare un centro polifunzionale per eventi cinematografici e culturali. Questo però non prima della seconda metà del 2012.
Intanto i cinefili di Milano perdono un luogo che era diventato un simbolo della settima arte, specialmente per le numerose iniziative e festival ospitati. Dal Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina fino all'I've Seen Film diretto da Rutger Hauer.
Intanto questa settimana la sala continua a ospitare rassegne. Dal 15 al 17 novembre c'è "Opere prime, le promesse del cinema d'autore italiano". Il 18 novembre giornata speciale tutta dedicata alla musica, "This is Music", con la proiezione di 24 Hours Party People di Michael Winterbottom e Berlin Calling di Hannes Stohr. Il 19 novembre lo Gnomo ospita una giornata dedicata alla neonata rivista di critica cinematografica filmidee. Si chiude domenica 20 con la proiezione di quattro film del regista neyorkese Abel Ferrara, con tanto di presentazione della monografia a cura di Fabrizio Fogliato.
Il pubblico milanese spera che tutto questo non vada a sfumare insieme all'ultima pellicola che sarà proiettata allo Gnomo.

martedì 15 novembre 2011

Filmmaker lancia il progetto Ecoreporter

Filmmaker, in collaborazione con Lega Ambiente, lancia il concorso/progetto Ecoreporter cercasi.Per partecipare c’è tempo fino a giovedì 17 novembre.

A partire da un concorso per brevi documentari o reportage (max 3 minuti) sulle tematiche ambientali (per partecipare c’è tempo fino al 17 novembre) Filmmaker propone il 24 novembre alle ore 20.00 un workshop condotto dal regista Bruno Oliviero (Piazza Municipio, Milano 55, 1 Cronaca di una settimana di passioni) e dall’inviato di Report Emilio Casalini che saranno chiamati a commentare e a ragionare sui lavori presentati e proiettati in pubblico al Cinema Gnomo.
Per i riferimenti sul concorso: www.6pianeta.tv/ecoreporter

giovedì 13 ottobre 2011

Slow&Furious: Drive, una fiaba cinematografica

di Lorenzo Lamperti

Vi ricordate quando da piccoli vi raccontavano una favola prima di mettervi a letto? Io onestamente no, ma nonostante questo l’effetto che fa vedere Drive è proprio quello lì, almeno per un amante del cinema. Drive è la fiaba cinematografica del 2011. Il cinefilo che vi assiste dopo la visione potrà andare a dormire tranquillo e fare sogni d’oro.
Il film di Nicolas Winding Refn ha come protagonista un eroe. Ma un eroe vero, mica come quelli in calzamaglia che il cinema restituisce spesso come pallide e smunte copie di quelli illustrati a china. No, “Driver”, il Pilota, è uno di quelli tosti. Forte, duro ma buono. Immensamente buono. Non tradiscano i suoi lunghi silenzi e il suo spietato modo di uccidere. Lui non c’entra niente con i spacconi splatter di Tarantino e Rodriguez. Eppure sono in tanti ad affannarsi nel trovare analogie tra l’opera di Refn e quelle del “buon” Quentin. Niente di più approssimativo e superficiale. Refn ha una sua poetica molto precisa, uno stile elegante e raffinato nella sua crudezza espressiva. Tanto è violento l’accadimento quanto è virtuoso il trattamento. Refn si può considerare un autore a tutti gli effetti e non c’è bisogno di tirare in mezzo altri registi per capire i suoi film. Refn è Refn, quello di Pusher, di Bronson e Valhalla Rising. Tanto basti.
In Drive racconta la storia di un ragazzo che lavora da meccanico di giorno, da stuntman per le produzioni hollywoodiane di pomeriggio e da autista per rapine milionarie la notte. Ryan Gosling interpreta al meglio un personaggio silenzioso e che non lascia trasparire all’esterno i suoi sentimenti: fugge dalla polizia senza emozioni, guida a 300km orari senza muovere un muscolo, ama senza toccare, uccide senza darne l’impressione. Il problema nasce quando si innamora di Irene, la bella vicina di casa con marito in carcere e figlio a carico. E quando il marito esce dalla prigione e lui si promette di aiutarlo a pagare un debito con dei criminali, allora lì sì viene paura che il film prenda una piega sentimental-consolatoria che romperebbe l’incanto dei primi 40 minuti di visione. Niente di tutto ciò. Refn mantiene il sangue freddo e il cuore caldo e prosegue su una strada non convenzionale. Più Driver si sporca le mani e più diventa Eroe in un crescendo di azione che non riguarda le singole scene, sempre molto curate nel loro lento svolgimento, ma nella loro concatenazione.
Il tutto dominato da una regia forse un po’ manierata ma sempre efficace e talvolta ai limiti dello strabiliante, vedi il surreale tragitto in ascensore dove dal massimo lirismo si passa in un secondo all’apice della violenza. La narrazione è accompagnata da scelte musicali brillanti, come sempre accade in Refn. Se in Valhalla Rising il filo rosso della colonna sonora era l’epicità, qui c’è invece un certo afflato rétro che conquista, con una traccia principale che accentua l’anima fiabesca del film. E alla fine i fast&furious, gli eroi steroidati con lo sguardo da mandrillo e la dialettica portinaiesca saranno solo un brutto incubo. Con Drive si può sognare tranquilli.