Visualizzazioni totali

mercoledì 29 dicembre 2010

La povertà del somaro

Nei giorni di Natale impazzano le classifiche. Classifiche e graduatorie di tutti i tipi. Su ogni cosa, ogni argomento. Non fa eccezione il cinema. “I film più belli dell’anno”, “I film più belli del decennio”, “I baci più romantici della storia del cinema”, “Il piano sequenza più natalizio del cinema armeno” e così via.
Belen Rodriguez,
considerata l'erede
di Gloria Swanson.
Gli uomini ne apprezzano
soprattutto la recitazione
stanislavskijana.
Ma chi fa cinema alla fine, gira e rigira, va a guardare sempre la classifica degli incassi. E allora, guardando quello che è successo a Milano nella settimana di Natale, si scopre che Aldo, Giovanni e Giacomo sono in testa con La banda dei babbi Natale e hanno stracciato il cinepanettone di De Laurentiis. Si direbbe uno scontro tra titani, una lotta all’ultimo sangue tra grandi maestri del cinema. Appurato che di fronte a De Sica, Belen e compagnia il trio di comici sembrano Blake Edwards, Ernst Lubitsch e Billy Wilder, non è che la sfida appassioni i cinefili più di tanto.
Da notare c’è semmai un altro dato: il flop clamoroso de La bellezza del somaro di Sergio Castellitto, che ha segnato poco più di 5mila presenze. Non si tratta di un capolavoro, anzi a dirla tutta nemmeno di un bel film. Ma è certamente un film originale, un’operazione coraggiosa, e curiosa, che meritava una maggiore attenzione da parte del pubblico milanese, che nel frattempo continua a premiare il nuovo Woody Allen. È sintomatico che un film italiano, realizzato e interpretato da un attore amato come Castellitto, abbia raccolto così poco interesse.
La bellezza del somaro è un film strano. L’inizio è agghiacciante, confuso e raffazzonato, girato in maniera nevrotica. Tutto sembra sconnesso e casuale. Piano piano, però, si ha l’impressione che la confusione e il nervosismo facciano parte di un disegno consapevole e coerente. Insomma, la confusione prende un ordine. E allora si finisce anche per divertirsi. Alcune battute sono memorabili, tipo quella di Castellitto quando torna in una casa invasa da amici e conoscenti quantomeno bizzarri: “E che è, il ritorno di Ulisse? La casa invasa dai proci?”. Non tutto è positivo, certamente. Jannacci sembra un santone che spara luoghi comuni a ripetizione. Laura Morante è, come sempre, troppo sopra le righe per essere credibile. E il tutto finisce per essere sovraccarico: di simboli, di idee, di tutto. Ma il somaro merita una possibilità di mettere in mostra la sua bellezza. Certamente più di quanto lo meritano altri.

Nessun commento:

Posta un commento