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venerdì 31 dicembre 2010

Cosa resta dei film del 2010

Non si può certo dire che il 2010 sia un anno indimenticabile per il cinema. Tanti film, la maggior parte scivola via senza colpo ferire. Altri, pochi, rimangono nella mente. Proviamo a ricordarli insieme. Il 2010 è sicuramente l’anno di Avatar. Piaccia o non piaccia il mega kolossal di James Cameron ha segnato un nuovo modo di fare cinema. Diverso, non necessariamente migliore. Certamente un 3d funzionale al cinema prima di Avatar non si era ancora visto. Il regista di Titanic ha invece usato la tecnologia in modo espressivo e consapevole, creando un mondo coinvolgente e affascinante. Cosa non nuova per Cameron, che già con Titanic ma anche con The Abyss e Aliens of the Deep aveva dimostrato il proprio virtuosismo tecnico.
Il 2010 è l’anno de L’uomo che verrà, magnifico film di Giorgio Diritti, scandalosamente rimasto fuori dalla corsa agli Oscar, visto che i giurati italiani hanno deciso di candidare agli Academy Awards La prima cosa bella di Virzì. Buon film, per carità, ma noi italiani non siamo capaci di valorizzare Pompei, figurarsi un capolavoro come quello di Diritti. Lo aspettavamo da Il divo in poi, un capolavoro italiano, e ce lo siamo fatti sfuggire.
Resta nella memoria sicuramente The Road di John  Hillcoat, coraggioso adattamento dell’omonimo romanzo premio Pulitzer di Cormac McCarthy. Visto in verità già a Venezia 2009, The Road ha subito l’ostracismo della distribuzione italiana che lo giudicava “troppo deprimente” per mostrarlo al pubblico nostrano. Per fortuna ci ha pensato poi la Videa Cde, che lo ha parzialmente riabilitato, così come aveva fatto in precedenza con The Hurt Locker, film sulla guerra in Iraq che è valso il primo Oscar come miglior film a una donna, Kathryn Bigelow. Guarda caso l’ex moglie di Cameron.
Resta Il concerto di Radu Mihaileanu, appassionante e divertente storia di un’improbabile orchestra russa che va a suonare a Parigi. Resta Agorà di AlejandroAmenabar, storia della filosofa pagana Ipazia, che formula la teoria delle curve coniche per comprendere il moto dei pianeti prima di venire risucchiata dalle tenebre della nascente chiesa cristiana.
Restano i mondi fantastici di Cristopher Nolan e del suo Inception, uno dei più grandi capolavori mancati della storia del cinema. Freddo, spiegato, inerte di fronte al magma caotico dell’esistenza del suo Memento. Resta il Nelson Mandela interpretato da Morgan Freeman in Invictus di Clint Eastwood, storia della squadra di rugby sudafricana che vinse il mondiale nel 1995. Meglio scordarsi Shutter Island di Scorsese o Robin Hood di Oliver Stone.
Resta l’attesa per Tree of Life di Terrence Malick.
Resta Mario Monicelli.

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