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lunedì 21 febbraio 2011

Black Swan: Natalie Portman da Oscar

Bianco o nero. Oppure bianco e nero. Nina è l'uno e l'altro, ma ancora non lo sa. Per diventare la vedette del balleto di New York ed essere la protagonista de Il lago dei cigni è costretta a fare uscire in superficie la parte nera della sua personalità. Una parte che in realtà è sempre stata presente, latente e incontenibile.
Natalie Portman è uno splendido cigno, sia bianco sia nero, in Black Swan di Darren Aronofsky. Presentato all'ultimo festival di Venezia, Black Swan arriva nelle sale dopo aver raccolto elogi e molte critiche. In tanti aspettano al varco Darren Aronofsky, regista da sempre controverso. Il suo primo film, Pi Greco, è forse l'esordio più scioccante dai tempi dell'Eraserhead di Lynch. Angoscia e paranoia in bianco e nero, appunto. Poi Requiem for a Dream e The Fountain (L'albero della vita): onirici, surreali, eccessivi, soprattutto il secondo. Nel 2008 la svolta: The Wrestler è una perla, un viaggio straordinario scavato nelle ferite e nelle rughe di Mickey Rourke.
Black Swan è la danza, riuscito incrocio tra l'immaginario paranoico dei primi film e lo stile di ripresa semi-documentaristico di The Wrestler. Come aveva fatto con Mickey Rourke, stavolta Aronofsky dipinge il film sul volto e sul corpo di Natalie Portman. Un corpo graffiato, lacerato, eppure perfetto. Le atmosfere claustrofobiche sono accentuate dallo stile di ripresa, con camera quasi sempre a mano e ritmo nervoso. Rourke e Portman, magnifica, sono tutti e due malati. Imprigionati nel loro personaggio, entrambi si inchinano al loro destino. E il sentimento di ineluttabilità è forte sin dai primi minuti di visione. Il risultato è un film conturbante, quasi disturbante nella sua bellezza. C'è chi si lamenta dei risvolti psicologici: "Banali", dicono. "Niente di nuovo". Benissimo, ma se si entra un po' più in profondità nella materia filmica ci si accorge che l'intenzione di Aronofsky non era interessato a fare un trattato psicoanalitico. Le dinamiche mentali di Nina non sono importanti di per sé, ma trovano il loro senso nella messa in scena del balletto di Cajkovskij. La tragedia narrativa si incrocia con quella personale. Il regista dello spettacolo, interpretato da un ottimo Vincent Cassel, critica Nina: "Sei troppo perfetta". Ma è proprio attraverso la perfezione che Nina può essere cigno. Bianco. E nero.

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