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lunedì 16 maggio 2011

Tutto Tarkovskij allo Spazio Oberdan

L'immagine dell'assoluto. Così si chiama la rassegna che lo Spazio Oberdan di Milano dedica al cinema di Andrej Tarkovskij, uno dei più grandi registi russi di sempre. Un cinema difficile, non per tutti i gusti, fatto di estetica, lunghi piani sequenza, alternanza tra i bianchi e nero e il colore. Spesso straordinario, talvolta manieristico. Sempre immaginistico, comunque originale. Si potrebbe dire unico.
Tarkovskij non poteva essere che un regista cinematografico. Un talento visivo pazzesco, come dimostrano anche le sue polaroid in mostra sempre all'Oberdan fino al 12 giugno. Un talento che è impossibile non notare già ne Il rullo compressore e il violino, mediometraggio d'esordio che Tarkovskij realizzò per diplomarsi all'Istituto di cinematografia dell'Urss. Martedì 17 maggio alle 20,30 la rassegna prende ufficialmente il via con un evento speciale: la proiezione de L'infanzia di Ivan, con cui Tarkovskij vinse il Leone d'oro a Venezia. Presente in sala, Andrej Andreevic, suo figlio, che vive da molti anni in Italia, a Firenze. Figlio di Andrej e nipote di Arsenij, grande poeta del secolo scorso.
Fino al 9 giugno sarà possibile assistere a tutti i film di Tarkovskij, che non sono poi molti, ma tutti molto densi. A partire da Andrej Rublev, un bianco e nero entrato nella leggenda del cinema, per proseguire con Solaris, ovvero la fantascienza arrugginita, vecchia, replicata. Da vedere Lo specchio, il film più onirico di Tarkovskij, e Stalker, un viaggio indimenticabile tra fede e vita in un atmosfera postatomica dove la natura è morta e la wilderness è radioattiva, in anticipo sulla Road di Cormac McCarthy e John Hillcoat. Per cinefili veri, insomma per chi non ha paura di rompersi le palle, Nostalghia, girato in Toscana. Immane il suo ultimo film, Sacrificio, girato in Svezia e immerso nei paesaggi bergmaniani. Tarkovskij era già in esilio e stava per morire di lì a pochi mesi, lasciando pochi film ma tante suggestioni e tanti significati, alcuni ancora nascosti. Quello che non ha potuto lasciarci è la versione cinematografica de L'idiota di Dostoevskij, opera dalla quale era ossessionato e di cui ha riempito i suoi diari.
Le sue immagini, quelle no, non poteva riempirle meglio.


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