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giovedì 19 maggio 2011

This is not a Film, Panahi arriva a Cannes

This is not a film. Questo non è un film. Jafar Panahi oltrepassa i muri di quel carcere che è diventata la sua casa e arriva fino a Cannes. Il festival accoglie il lavoro del regista iraniano, ed è proprio un film. Un documentario che mostra Panahi all'interno della sua personale prigione domestica, mentre legge, discute di cinema o racconta la storia che sarebbe dovuta essere il suo nuovo film, se il regime iraniano non lo avesse condannato per istigazione alla rivolta. 
This is not a Film arriva sulla Croisette con varie peripezie, in maniera del tutto clandestina, grazie a una chiavetta usb. Panahi legge e recita la sua sceneggiatura, visto che non può girarla. A un anno di distanza dalle lacrime di Juliette Binoche, Cannes porta sullo schermo il nuovo vagito di disperata libertà di un regista e di un uomo mutilato in quello che aveva di più caro, il cinema. Dopo due mesi di carcere, Panahi sta scontando la pena ai domiciliari in attesa di una sentenza definitiva. Il primo grado gli ha proibito di girare film per 20 anni. I tempi sembrano e saranno lunghi, e nel frattempo Panahi prova comunque a far sentire la sua voce. 
E non è un segnale isolato. A Cannes dovrebbe arrivare anche Mohammed Rasoulof, un altro regista malvisto dal potere Iran. Il film di Rasoulof, Au revoir, è stato portato clandestinamente a Cannes, prima ancora di ottenere l'autorizzazione dal governo iraniano, arrivato mercoledì 18 maggio. Ora si aspetta l'arrivo del regista, per quello di Panahi bisognerà invece ancora aspettare. Lui resta solo sullo schermo. E sarà pure su quelli italiani, vista la voracità con cui Cinecittà Luce si è accaparrata la distribuzione di This is not a Film.

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