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lunedì 5 settembre 2011

Hanna, la fiaba glaciale di Joe Wright

di Elisa Fontana
Si apre in un’atmosfera glaciale da fiaba nordica il nuovo film di Joe Wright, che abbandona la sua ormai costante cifra stilistica, la trasposizione da opere letterarie (Orgoglio e pregiudizio, Espiazione, Il solista), e sceglie di cimentarsi in un genere apparentemente molto distante, quello del film d’azione.
Hanna (Saorsie Ronan), giovane figlia di un agente della Cia (Eric Bana), è nata e cresciuta tra i ghiacci delle foreste svedesi ed è stata addestrata per eccellere in tutto, dalle doti fisiche e di combattimento alle conoscenze intellettuali. Ma, come recita Bana in una battuta del suo personaggio, i figli crescono, e Hanna è ormai pronta per scoprire il mondo vero, abbandonare la glaciale immobilità della foresta e affrontare la sua antagonista: l’algida Marissa Wiegler (Cate Blanchett), che sguinzaglierà sulle sue tracce un manipolo di spietati assassini.
Wright si applica con impegno alla riuscita di un film di genere per lui inconsueto, curando il suo prodotto nei minimi dettagli e rendendolo proprio, giocando con gli stilemi letterari che gli sono familiari e introducendo riferimenti culturali di vario tipo.
E’ il modello della fiaba a farla indubbiamente da padrone, ribadito più volte dal costante riferimento ai fratelli Grimm. Il valore allegorico di questo modello permette al regista di giocare nella giusta misura con elementi simbolici, e adattare l’ immagine a vari livelli di significato: la foresta vera e quella metaforica, costituita dal mondo crudele in cui Hanna deve sopravvivere; il ‘lupo’ Marissa, dagli occhi glaciali di Cate Blanchett, che da cacciatore diverrà preda; il mondo alla rovescia della casa dei Grimm, in cui la fiaba si trasforma in un racconto dell’orrore. Contribuisce a questo gioco ben riuscito anche la colonna sonora originale dei Chemical Brothers, che da diegetica diventa extradiegetica e, alternativamente, coinvolge, confonde e inquieta.
Come in un Buildgsromance, Hanna affronta il mondo per scoprire l’ignoto e per crescere, cosa che, per lei, significa prima di tutto sopravvivere. E allora ecco entrare in scena tutte le risorse più tipiche e stereotipate del film d’azione: dagli inseguimenti, alle forze inesauribili dell’eroina, sino ad arrivare alla perfidia monolitica dei cattivi; espedienti, però, qui giustificatissimi, vero colpo di genio di Wright, dal riferimento alla fiaba.
Un prodotto ben riuscito quindi, dal ritmo incalzante, che riesce perfettamente a fondere generi diversi mantenendo il meglio di entrambi, senza incappare nell’elevato rischio di riuscire pretenzioso.

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