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sabato 10 settembre 2011

Venezia, facciamo il punto della situazione

Ultimo giorno di festival, tempo di riscontri, bilanci, riassunti, compendi e chi più ne ha più ne metta. La seconda parte di rassegna è filata via tra fischi, ululati, applausi, standing ovation, accuse e paparazzate vere o presunte.
Puntuali come la rituale visita dal dentista, anche nella 68esima edizione del festival di Venezia c’è stato spazio per il film italiano, più o meno brutto, dileggiato dalla critica in sala durante la proiezione stampa. Di solito tocca ai film che si prendono troppo sul serio. Celebre il caso di due anni fa con Il grande sogno di Michele Placido con tanto di Goffredo Fofi che urla “Vergogna” ululando e alzando in aria il bastone che usa per camminare uscendo dalla sala. E il buon Goffredo aveva le sue ragioni… Una doppietta quella di Placido, visto che qualche anno prima si era preso pernacchie per Che sarà di noi. Quest’anno la dura legge del fischio è toccata a Cristina Comencini e al suo Quando la notte, dramma sentimentale e materno con calde scene tra Filippo Timi e Claudia Pandolfi. Chi era presente in sala racconta di risate di scherno, l’arma più spietata a disposizione di un critico cinematografico. La Comencini non l’ha presa bene e ha parlato di “violenza, complotto: gli uomini non possono capire”. D’accordo, le reazioni saranno state pure esagerate da parte della critica durante la visione del film ma uno è pure libero di dire se trova un’opera scadente.
Dall’altra parte del guado invece la strana coppia Friedkin/Sokurov. L’autore de L’esorcista, ormai alle soglie degli 80 anni, ha portato in Laguna Killer Joe, una storia del tutto auto convenzionale. D’altra parte, Friedkin non è mai stato prevedibile e ha ancora la forza di ricercare storie originali come questa dove recita l’ottimo Emile Hirsch. Il grande regista russo, invece, presenta la sua opera forse più ambiziosa dai tempi di Arca russa, ovvero la sua riduzione cinematografica del Faust di Goethe. Un’opera magniloquente e visionaria, e come sempre accade con i film di Sokurov si è immersi in un altro spazio di visione e percezione rispetto a quello consueto. C’è stato poi Gipi con il suo L’ultimo terrestre, ritratto di un’Italia futura e così simile a quella in cui viviamo.
In definitiva, si può dire che il programma di questa edizione sia stato ricco e di qualità come raramente è accaduto negli ultimi anni. In attesa di capire se quello di Muller sia un addio o un arrivederci, quantomeno il buon Marco è riuscito nel lasciare un buon ricordo e a gettare un ponte per il futuro. Chissà se sarà lui ad attraversarlo.

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