Visualizzazioni totali

mercoledì 28 settembre 2011

Oscar: Russia, la candidatura di Mikhalkov è un caso politico

Come anticipato, Terraferma è il candidato italiano agli Oscar. E ora si discute molto sul fatto se si tratti della scelta giusta o meno. Personalmente, la scelta di Habemus Papam mi sarebbe sembrata più appropriata, se non altro per il consenso che il film di Nanni Moretti ha riscosso all'estero. Ma lasciando per un attimo da parte i nostri errori, andiamo a vedere quello che succede in un altro Paese che ha dato tanto alla storia del cinema, la Russia.
La designazione del film da mandare all'Oscar in Russia è diventata un caso politico. Eh sì che i russi hanno tanto problemi a cui pensare in questi giorni, compresa la ricandidatura di Putin per le elezioni che ci saranno questa primavera. Eppure proprio il cinema diventa ancora una volta cartina di tornasole del difficile momento del Paese. La giuria ha scelto Burnt by the Sun di Mikhalkov, terzo capitolo della trilogia cominciata nel 1994 con Il sole ingannatore. Detta così, nessun problema. Mikhalkov è un habituée dell'Oscar, che ha vinto proprio con Il sole ingannatore nel 1995. Ha anche vinto a Venezia nel 1991 con Urga, e avrebbe meritato il Leone d'oro anche nel 2007 con 12. Peccato che già il secondo capitolo della saga avesse preso una piega spaventosamente patriottica, che pare essere stata ancor più accentuata in questo terzo capitolo.
Burnt by the Sun è stato stroncato dalla critica e ignorato dal pubblico ma ha ottenuto cinque voti su otto nella commissione dove, udite udite, sedeva lo stesso Mikhalkov. Un conflitto di interessi quantomeno curioso. Il presidente Vladimir Menshov, già premio Oscar nel 1981 col suo Mosca non crede alle lacrime si è rifiutato di firmare il verbale della seduta, criticando pubblicamente il verdetto, a suo dire manovrato con loghce clientelari dal potente collega. Mikhalkov in effetti ha guadagnato una potenza a dir poco incredibili: è il presidente dell'Unione Cineasti Russi e per il suo ultimo film ha ottenuto uno dei finanziamenti governativi più costosi del cinema russo, pari a 55 milioni di dollari, anche se l'interessato dice che sono 40. Quanta differenza con le difficoltà a girare un film che aveva un genio della pellicola come Andrej Tarkovskij, sabotato a più riprese dal regime sovietico. Resta così escluso dalla corsa alle statuette, oltre a Elena di Andrej Zvjagintsev (premio della giuria a Cannes nella sezione Un Certain Regard), l'erede prediletto proprio di Tarkovskij, vale a dire quel Sokurov che ha incantato Venezia con il suo Faust.
Insomma, la decisione della commissione sembra proprio un delitto. Vedremo se prima o poi un Dostoevskij penserà anche a un castigo.

Lorenzo Lamperti

Nessun commento:

Posta un commento